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VITTIME DEL PECCATO - Chi sono le vittime del peccato'

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Prezzo di vendita15,64 €
Descrizione
Autore: JOSÈ MARIA CASTILLO
Formato:  14 X 21
Pagine: 300
Anno: 2012
Editore: CAMPO DEI FIORI

jose maria castillio-120 L'Autore Josè Maria Castillo, è uno dei maggiori teologi europei, già docente alla Facoltà di Teologia di Granada e visiting professor all'Università Pontificia Gregoriana di Roma. Nel I988, per le sue posizioni critiche verso la Chiesa, è stato allontanato dall'insegnamento da Joseph Ratzinger. Vicino ai teologi della liberazione, è tra i fondatori dell'associazione "Teòlogos y Teòlogas Juan XXIII". Ha pubblicato, tra gli altri: Los pobres y la teologia. Què queda da de la teologia de la liberacion? (I998), La ética de Cristo (2005), La humanizaciòn de Dios. Ensayo de cristologia (2010) e, tradotto in italiano, Dio e la nostra felicità ( 2008).

VITTIME DEL PECCATO - Chi sono le vittime del peccato?


RISVOLTO COPERTINA

Chi sono le vittime del peccato?

Sono le tante persone che, invece di sentirsi accolte dalla Chiesa, se ne sentono respinte. Ma perché l'interpretazione ecclesiastica della legge di Dio spesso ha fatto e continua a fare il male dell'uomo?

Per Castillo, la Chiesa si è così ossessivamente concentrata sul peccato da oscurare l'autentica missione cristiana che consiste nell'alleviare le sofferenze umane. Il risultato paradossale è che, proprio con la sua lotta contro il peccato, la Chiesa causa un carico enorme di mali a se stessa e al mondo.

Guerre e roghi nel passato, oggi ingerenze su vita e morte, amore e affetti, malattia ed emarginazione: tutto in nome della lotta contro "il peccato". La triste conseguenza è il deterioramento dell'immagine della religione e la sua crescente incapacità di risultare interessante per le giovani generazioni.

Ma non va forse in direzione opposta la strada rivoluzionaria indicata dal Vangelo? Gesù di Nazareth mette in primo piano la dignità dell'uomo e l'amore concreto verso i sofferenti, anche a costo di disobbedire a leggi e prescrizioni religiose.

Recuperando l'esempio di Gesù, Castillo affronta il rapporto tra fede e obbedienza e gli autoinganni del moralismo, e auspica una Chiesa diversa, fedele alle origini e al contempo in grado di rispondere alle sfide del presente. Solo così essa potrà tornare a promuovere la felicità e il bene dell'uomo e combattere il pericoloso vuoto di valori che minaccia la nostra società.

INTRODUZIONE

La crescente partecipazione alla sofferenza umana nel mondo è uno dei più chiari segnali di speranza oggi percepibili. Prova ne è la quantità di organizzazioni, istituzioni, movimenti e manifestazioni che operano a favore della pace, della libertà, dello sviluppo e di tante altre nobili cause alle quali la gente è sempre più sensibile. C'è chi dice che stiamo assistendo alla nascita di una nuova cultura, la cultura della solidarietà, che si manifesta nella protesta mondiale perché ci sia una società più giusta, più umana e più fraterna. Ma la preoccupazione per la sofferenza, se non è pura farsa e se vuole giungere fino in fondo alle cose, non può non essere anche preoccupazione per il peccato. La relazione tra peccato e sofferenza è (e continua a essere) presente nella coscienza degli individui e dei popoli in un modo molto più forte di quello che possiamo immaginare. Basti pensare che, come è noto, sin da tempi molto antichi questa relazione si è espressa nei miti che tante culture per secoli hanno elaborato. Per esempio, secondo il racconto biblico del paradiso, al peccato di Adamo ed Eva risale l'origine della sofferenza nel mondo e la causa per cui tutti prima o poi moriamo. In fondo, questo racconto, come tanti altri più o meno simili, non fa altro che riprendere ed esprimere quello che tutti sappiamo oene: l nostn comportamenti malvagi sono solitamente l'origine di tante disgrazie e sofferenze che noi esseri umani causiamo gli uni agli altri.
Tutto ciò è risaputo, perché l'esperienza ce lo insegna ogni giorno e ogni momento. Ma la questione si complica quando entra in gioco la religione. Cosa che risulta praticamente inevitabile, per motivi evidenti a chiunque. La relazione che i miti e le tradizioni hanno stabilito tra il peccato e la sofferenza non ha voluto significare che una sola cosa: spiegare l'origine del male nel mondo, cioè dire perché in questo mondo c'è tanta sofferenza. Di chi è la colpa? Di Dio o dell'uomo? Ebbene, per discolpare Dio dei mali esistenti in questa vita, si è accusato l'uomo di tutto quello che di malvagio avviene nel mondo. E così l'umanità intera, senza volerlo, si è vista intrappolata in un problema smisurato. Il problema che consiste nel conoscere il rapporto che effettivamente esiste tra peccato e sofferenza. Riguardo a tale questione sono state fatte, e si possono fare, innumerevoli disquisizioni. In ogni caso, c'è qualcosa di evidente per chiunque: se, secondo i miti religiosi, il peccato è la causa della sofferenza, ne consegue, per sana logica, che la soluzione più efficace per mettere fine alla sofferenza è liberarsi del peccato. Togliendo la causa si toglie l'effetto. Se eliminiamo il peccato, eliminiamo anche la sofferenza. Le religioni l'hanno indubbiamente pensata in questo modo, perché hanno visto nel peccato non soltanto la causa della sofferenza umana, ma qualcosa di molto più infido, dal punto di vista religioso. Mi riferisco all'offesa contro Dio che, secondo le religioni, è il peccato. Così, le tradizioni religiose si sono ritrovate in pieno in una situazione estremamente ambigua, per non dire contraddittoria. Da una parte, ci viene detto che la colpa dei mali di questo mondo non sta in Dio, ma nell'uomo, dall'altra, però, ci viene anche detto di non offendere Dio con i nostri peccati dacché ci può castigare con mali e disgrazie, non solo nell' altra vita, ma già in questa.
Non è mia intenzione risolvere questo problema sul quale tanto si è scritto e si è discusso. Mi limito qui a rimandare il lettore all'eccellente studio di Juan Antonio Estrada La imposible teodicea. La crisis de la fe en Dios', il miglior lavoro d'insieme che io conosca su questo tema. Il mio interesse, in questo libro, verte su qualcosa di più particolare. Mi riferisco al fatto che, dal momento in cui le religioni hanno stabilito una relazione di causa-effetto tra peccato e sofferenza, è successo quello che, partendo da tale presupposto, doveva succedere: piuttosto spesso, le religioni hanno incentrato le loro preoccupazioni più sul peccato che sulla sofferenza. Il che, in buona misura, è perfettamente comprensibile. In fin dei conti, se la cosa più importante per la religione è Dio, è logico che le sue preoccupazioni si incentrino più su ciò che offende Dio che su ciò che fa soffrire l'uomo. Questo risulta comprensibile dal punto di vista di una teoria" razionale" o di una pura speculazione astratta. Ma la vita non consiste solo in teorie o speculazioni. Nella vita degli esseri umani, l'interesse principale è la felicità o la sofferenza. È qui che ci scontriamo realmente con il problema. Problema che, a mio modo di vedere, consiste nel fatto che, spesso, le religioni si preoccupano più del problema del peccato che del problema della sofferenza. Ed è così, in qualunque modo venga chiamato il peccato, perché, come sappiamo, riguardo a questo tema si parla non solo di "peccato", ma anche di "colpa", "mancanza", "offesa", "trasgressione", "caduta" o, come diconi alcuni oggi, del "male" che qualcuno commette o dell'"attegiamento" malvagio o perverso che domina la sua vita.

Questo logicamente vuol dire che, con relativa frequenza, i desideri umani (incentrati sulla felicità), da un lato, e le preoccupazioni religiose (incentrate sul peccato), dall'altro, non sempre coincidono. Non solo. Il peggio è che non di rado è successo (e continua a succedere) che "desideri umani" e "preoccupazioni religiose" entrano in conflitto, cosicché, per adempiere ai doveri della religione, si sono causate (e si continuano a causare) notevoli sofferenze a non poche persone. La situazione limite, come sappiamo, si verifica nel caso di quelle religioni il cui atto centrale è stato (o è) il "sacrificio", che consiste nel sopprimere una vita. Ecco perché le religioni e le loro credenze sono state spesso, nel corso del tempo, l'origine del meglio e del peggio che è avvenuto nella storia dell'umanità. Le religioni hanno prodotto eroi e santi, ma da esse sono anche venuti fuori tiranni e carnefici. La storia, si sa, rende conto degli uni e degli altri.
Confesso che tutto questo mi ha spesso preoccupato. E devo dire che mi preoccupa ogni giorno di più. Per una ragione, credo, facilmente comprensibile. Parlando del "peccato", ci riferiamo non soltanto alle cose cattive che spesso noi esseri umani compiamo in questa vita, ma anche al "male", interpretando questa malvagità secondo un criterio o, se si vuole, una chiave che ci trascende, cioè che non è più tangibile o alla nostra portata. Perché il «peccato» è, per definizione, non soltanto un' azione cattiva, ma anche un' azione cattiva che è proibita da Dio, che offende Dio e che, per questo, Dio sanziona, giudica e punisce persino con castighi eterni (l'inferno), secondo non poche religioni tra cui il cristianesimo. Ne segue che, parlando del "peccato" (e non semplicemente del "male"), introduciamo nel- la vita umana un elemento che è estraneo all'umanità.
Un elemento che, naturalmente, si giustifica e si spiega in base alle credenze religiose, ma che, per lo stesso motivo, è un elemento che sfugge alla verifica immediata e all' evidenza, ossia che trascende quello che è semplicemente umano e basta. È evidente che, se io rubo o uccido, commetto delle azioni malvagie. Ma risulta che spesso, in nome di Dio e della religione, si è rubato e ucciso, si è torturato e si sono scatenate guerre. Quel che dunque è accaduto è che il santissimo nome di Dio e il rispetto che merita la religione hanno a volte trasformato il male in bene. E altre volte il bene in male. Quello che per gli uni era peccato, per gli altri risultava essere virtù o eroismo. Al contrario, quello che per gli uni era generosità e santità, per gli altri è stato malvagità e perversione.
Dicendo queste cose, non intendo affatto mettere in dubbio l'esistenza del peccato. Quello che voglio dire è che il peccato, essendo un'interpretazione religiosa e trascendente che noi esseri umani diamo a determinate azioni o comportamenti, si presta a essere mal interpretato, come tante volte è mal interpretata la religione. Ma non solo questo. L'aspetto più infido è che il peccato si presta anche a essere manipolato, per cui nella vita di ogni giorno si può dare una tale importanza a determinati "peccati" che, per evitarli, si arriva a causare grandi sofferenze alle persone. Come può anche succedere che si commettano azioni che non si considerano "peccato" e, tuttavia, sono causa di enormi dolori e tragedie per determinati individui o persino per interi gruppi di esseri umani. E qui, come qualcuno sa, non mi riferisco soltanto a cose che potrebbero essere accadute, ma a fatti che sono avvenuti e continuano ad avvenire ogni giorno.
Inoltre, non so esattamente perché, ma è un dato di fatto che negli ultimi tempi la questione si sia piuttosto complicata. Ed è successo a causa di quello che viene oggi chiamato "fondamentalismo". Si potrebbe pensare che il fondamentalismo sia sempre esistito. Non è così. Secondo gli esperti, l'uso di questa parola risale agli inizi del xx secolo, quando venne coniata in riferimento alle credenze di alcune sette protestanti degli Stati Uniti. Ma è curioso sapere che, ancora alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, la parola "fondamentalismo" non era citata nell'Oxford Englisb Dictionary. Si può dire che questo termine non sia stato coniato con il significato attuale prima della fine degli anni Sessanta. D'altra parte, "fondamentalismo" non è la stessa cosa di "fanatismo". Come è stato giustamente detto, i fondamentalisti chiedono un ritorno alle scritture o ai testi fondamentali, che devono essere letti in maniera letterale, e propongono che le dottrine derivate da tali letture siano applicate alla vita sociale, economica e politica. Il fondamentalismo dà nuova vitalità e importanza ai custodi della tradizione. Solo loro hanno accesso al «significato esatto» dei testi. In questo stato di cose, il clero o altri interpreti privilegiati acquisiscono un potere maggiore in ambito laico e, naturalmente, religioso (Anthony Giddens). Ebbene, tutto ciò è di grande attualità. Perché, da un lato, siamo stanchi di sentirei dire che si sta perdendo il senso del peccato. Ma, di fatto, per molte persone, le religioni, proprio in base alle loro interpretazioni del bene e del male, ossia, alloro credo (in ultima istanza) riguardo a ciò che è o non è "peccato", hanno acquisito un protagonismo molto pericoloso nel nostro mondo. Al punto tale che, come è stato detto a ragion veduta, finché non ci sarà dialogo e comprensione tra le religioni, non ci sarà pace nel mondo (Hans Kiing), per la semplice ragione che, in questo momento, le religioni sono uno dei più potenti agenti di violenza esistenti al mondo. Sia che si tratti della violenza sobillata dal fanatismo che scatena guerre, sia della violenza dissimulata del fondamentalismo che opprime le coscienze, limita le libertà e provoca comportamenti che generano infelicità nella vita delle persone e dei gruppi umani.
Stando così le cose, mi sono sentito motivato a scrivere questo libro. Perché se la coscienza del peccato è ciò che più dovrebbe aiutare tutti affinché Dio, la religione e gli esseri umani possano avere la dignità e la vita che devono avere, in realtà quello che sta succedendo è che il tema del peccato, per come lo si è soliti spiegare, con le sue molteplici e inconsapevoli ramificazioni e conseguenze, causa troppe sofferenze a molte persone. E inoltre deteriora l'immagine di Dio e della religione fino a estremi che si fanno per noi sempre più pesanti e difficili da sopportare.
È vero che ci sono molti sacerdoti e credenti in genere che con coscienza e sensibilità profondamente umane aiutano molti a liberarsi da sentimenti di "colpa" e tenebrose esperienze di "macchia" che sconvolgono la psiche umana e fanno soffrire senza necessità. Ma è anche vero che diventa ogni giorno più preoccupante la disumanizzazione di Dio e di tutto ciò che è in relazione a Dio e alla religione, per come viene vissuto da ampi settori della popolazione. È vero, come ho già detto, che la preoccupazione per la sofferenza delle vittime aumenta ogni giorno di più (René Girard).
Ma non è meno vero che tale preoccupazione viene vissuta sempre più in modo "laico", cioè ai margini di Dio e della religione. È già troppa la gente che vede Dio e la religione come qualcosa difficile da capire e soprattutto da accettare. Forse per questo, tra gli altri motivi, in passato i giovani che volevano aiutare gli altri entravano in un seminario o in un convento, mentre ora si dedicano al "volontariato" oppure fondano una ONG. Perché la gente non è disposta a rinunciare alla propria umanità e, soprattutto, alla propria felicità. Ma risulta che, così come stanno le cose, Dio e la religione sono sempre meno in relazione con l'umanità e la felicità delle persone. Ed è chiaro che, finché Dio e la religione continueranno ad avere questa im-magine pubblica, sarà molto difficile che gli esseri umani vorranno credere in Dio e accettare di praticare la religione.
D'altra parte, devo dire che ho cominciato a interessarmi veramente di questo tema il giorno in cui mi sono reso conto che, secondo i vangeli, Gesù fu un uomo che intese e visse la religione in modo tale che il suo profondo amore per il Padre del cielo non lo disumanizzò, anzi, avvenne esattamente il contrario. Gesù di Nazareth fu così sensibile a tutto quello che riguardava l'ambito umano che, secondo i racconti evangelici, per lui fu più importante porre rimedio alle sofferenze delle persone che adempiere alle osservanze religiose. Proprio per questo dovette subire i conflitti e i
contrasti che il suo modo di parlare e di vivere provocarono nei capi religiosi del suo popolo e del suo tempo. Il mio interesse aumentò ancor più dal momento in cui la lettura dei vangeli mi portò a pensare che, mentre la preoccupazione di Giovanni Battista fu di lottare contro il peccato (che offende Dio), ciò che invece sembrò interessare Gesù fu di alleviare la sofferenza umana (che tormenta gli esseri umani). Per questo, tra le altre cose, sappiamo che Gesù si fece amico di peccatori e gente di malaffare e si scontrò spesso con i capi della religione e gli osservanti farisei, tanto che finì condannato e giustiziato nel modo peggiore.
Questo è quanto mi ha portato a pensare e a preoccuparmi delle vittime del peccato. Vittime del peccato sono, naturalmente, i peccatori. Ma non solo loro. Lo
sono anche tutti quelli che, a causa di ciò che viene considerato "peccato", si vedono costretti a subire situazioni insopportabili. E, quel che è peggio, coloro che si vedono messi da parte, ai margini delle strade, perché gli osservanti, che non sono disposti a "peccare", se ne tengono lontani e li abbandonano alla loro lenta e mortale agonia. Inoltre, se si riflette attentamente, ci si rende conto che vittime del peccato sono anche la religione (e tutto quello che comporta) e persino Dio.

Per questo, per il fatto che il peccato può essere qualcosa di talmente decisivo, per il bene o per il male dell'umano e del divino, ho scritto questo libro. Con l'illusione che possa aiutare chi concorda con quanto dico a essere sensibile verso tutto ciò che riguarda l'ambito umano, rendendolo (per quanto possibile) simile a Dio, che in Gesù si umanizzà e si fuse con tutto ciò che è veramente umano. Fino a soverchiare e vincere la disumanizzazione, che tutti noi abbiamo nel sangue, di tante idee e comportamenti che sono l'origine e la causa di troppe solitudini, oltraggi e sofferenze.

INDICE

VITTIME DEL PECCATO

Introduzione 9

1.Gesù, un giudeo che cambiò vita
Il battesimo come cambiamento di vita per Gesù, - In che cosa cambiò la vita di Gesù?, - Un cambiamento sconcertante - Il battesimo di Gesù e il battesimo dei cristiani,

2.Giovanni Battista e il peccato
Il contrasto tra Giovanni Battista e Gesù, - Giovanni e il perdono dei peccati, - La religione di Giovanni Battista, - «Scioglimi dal mio incanto», - In che modo Giovanni Battista intendeva il peccato?,

3.Gesù e la sofferenza
Le preoccupazioni di Giovanni e quelle di Gesù, - In che modo Gesù parlò del peccato?, - La conversione, - Il comportamento di Gesù, - Gesù e i malati, - Gesù e i peccatori, - La sensibilità di Gesù, - La missione, - Lo sconcerto, - Il giudizio, - La chiave: Dio si fonde con l'umano, - Il «naturale» e il «soprannaturale», uniti definitivarnente,

4.I pericoli del moralismo
Il "bene" e il "male", - Morale e dominio, - È in pericolo la "morale costituita"?, - Il rigorismo morale degli ultimi due secoli, - Il "bene" e il "male" o la voce della coscienza, - Dalla "morale" al "moralismo", - I pericoli del "rnoralismo",

5.Il peccato o la sofferenza?
Il problema, - Peccato e potere, - Sofferenza e solidarietà, - La teologia del peccato, - La teologia della croce,

6.Le vittime del peccato
Peccato e castigo divino, - Dio, prima di tutto, - 1) Il peccato e il fallimento di Dio, - 2) Un Dio che "ha bisogno" di incolpare gli altri per risultare innocente, - 3) Il Dio sadico, vendicativo e castigatore, - 4) La violenza di Dio, - 5) L"'umanizzazione" del sacrificio nel Nuovo Testamento, - 6) La crudeltà della «soddisfazione» divina, - 7) Un Dio a cui interessa più il proprio onore che il dolore umano, - Gesù, - 1) Gesù come «vittima», - 2) Gesù come uomo "programmato" per soffrire, - 3) La distruzione della libertà profetica di Gesù, - 4) Un uomo che non ebbe altra missione che placare Dio?, - 5) Un uomo che passò per questo mondo senza essere di questo mondo, - La Chiesa, -1) Una preoccupazione ossessiva, - 2) Una preoccupazione sospetta,- 3) Una preoccupazione contraddittoria, - 4) Il peccato come "offesa a Dio" e come "strumento di potere", - L'essere umano, -1) L'unica cosa di valore infinito che l'uomo può fare è peccare, - 2) È pericoloso "negoziare" con Dio, - 3) Quando i nostri sentimenti di colpa vengono manipolati, - 4) Colpa e sofferenza, - 5) Quando l'uomo si vergogna dei propri istinti, - 6) Puritanesimo ellenistico nel cristianesimo, - 7) La frattura interiore che tutti dobbiamo subire, - I gruppi umani più danneggiati, - 1) I poveri, - 2) Le donne, - 3) Gli esclusi sociali, - Conclusione: il peccato come "strumento utile",

7.Un'altra morale, un'altra Chiesa, un'altra spiritualità
Un'altra morale, - Un'altra Chiesa, - Un'altra spiritualità,

Conclusione. La genialità del Vangelo
Note